“Dodici scatti in bianco nero” – spiega Luxardo “immagini concettuali che descrivono l’odioso fenomeno del caporalato in Italia, ancora non pienamente risolto che divengono il tema narrante di un calendario a tiratura limitata. E’un piaga a molti sconosciuta che mi ha spinto a riflettere. L’obbligo di un artista è anche quello di comunicare attraverso la creatività concetti più duri e profondi per arrivare in maniera diretta all’anima delle persone”. Oltre quattrocento ospiti al cocktail di presentazione del progetto: tra loro il vice presidente di CIA Cinzia Pagni, il presidente di Marco Ramadori, Marina Ripa di Meana, Fanny Cadeo, Cinzia Monreale, Raffaello Balzo, Roberta Beta, Maria Grazia Alberto Terranova, Vittorio Camaiani, il giudice Antonio Marini con la moglie Elisabetta, Guglielmo Giovanelli Marconi con la moglie Vittoria, Giuseppe Ferrajoli, Cetti Lombarti Satriani, lo scultore Giulio Gorga, il chirurgo plastico Erminio Mastroluca, Daniela Jacorossi, Betta Scarpa, Caterina Pallotta, lo chef Massimo Malantrucco, chiamati a raccolta da Emilio Sturla Furnò.
Sul campo si contano ancora le vittime, per lo più straniere sfruttate nei campi, ma anche nostri connazionali, soprattutto giovani donne provenienti dall’Europa dell’Est. Dal canto loro gli agricoltori italiani, che per la stragrande maggioranza operano nella più cristallina legalità ed etica, utilizzeranno il calendario per invitare i colleghi ad aderire alla “Rete del lavoro agricolo di qualità”.
Tra le vittime di questi criminali, spesso alimentati dal sistema delle mafie, ci sono proprio gli agricoltori perbene e i consumatori. I primi danneggiati due volte: in termini d’immagine del settore e nella competitività delle loro produzioni. I secondi, acquirenti inconsapevoli di prodotti frutto di violenze e malaffare. Quello delle schiave dell’agricoltura è sicuramente un tema delicato, ma che riguarda un fenomeno fortemente radicato in Italia e, troppo spesso, legato alla criminalità organizzata. Sono loro le nuove schiave dell’agricoltura: quelle donne che, giunte in Italia con l’utopia di condurre una vita migliore, sono costrette a lavorare in condizioni disumane, ricattate, picchiate e stuprate da coloro che, ingannandole, le hanno condotte verso lo sfruttamento.
Giò Di Giorgio