Un libro atipico, come lo definisce
l’autrice, su una eroina romantica.
“Il giallo di una vita spezzata”,
di Maria Pia Paravia, Graus Edizioni, presentato
nella sala Nassirya del Senato in maniera distanziata, è un ricostruire
i sentimenti di una donna raccontati da un’altra donna.
L’unica interpretazione possibile,
quindi, del rapporto della giovane Claretta Petacci con Benito Mussolini, è quella fatta da una donna, l’autrice, che in questo
testo tratteggia, dopo una lunga ricerca storiografica, le emozioni di Clara.
Clara,
una donna vilipesa ed offesa sia durante i suoi tragici ultimi momenti di vita
che dopo la morte, senza alcuna pietà.
Nel testo
sono riportati anche importanti documenti sui diari della Petacci: svelato il
mistero sulla loro fine. Gli scritti sono infatti giunti a Roma tramite il
capitano dei Carabinieri Vincenzo Ceglia.
“Mi sono
dedicata a questo studio per due anni e mezzo – dice l’autrice – con grande
difficoltà e anche pericolo personale. E questo per riabilitare una delle donne
più offese d’Italia. Perché credo che le donne debbano essere solidali. Nel
libro non c’è risentimento. Il messaggio è quello di elaborare sempre il dolore”.
Ma questi diari potrebbero nascondere dei segreti importati per l’Italia? “Certamente.
Tutto fu occultato perché la democrazia rischiava l’anarchia. Occorreva ripulire
la vecchia classe politica. L’uccisione era un male necessario: l’uccisione,
non quello che hanno fatto a Clara”.
Un testo
per riflettere sull’Italia e sulle profonde divisioni forse ancora oggi molto
vive e sulla tragica fine di Clara, che non era in compagnia del Duce al
momento della sua morte.
Il tutto
è redatto in forma chiara, sintetica, in un linguaggio tipico degli anni
Trenta/Quaranta. E le parti storiografiche sono svelate solo ad un lettore attento.
Tra i presenti
dell’evento, moderato da Mariella
Anziano con il supporto di Giulia Cerasoli, anche le attrici Eliana Miglio, che ha letto alcuni brani del testo in
presentazione, Martina Menichini, attrice e doppiatrice, Valentina Ghetti, il
conduttore Anthony Peth, il senatore e vice presidente del Senato Ignazio La Russa
e l’editore Pietro Graus.
Da segnalare
che questo è il primo libro della collana Metafisica diretta, per le Edizione
Graus, dalla stessa Paravia. “Gli altri saranno storie sempre al femminile: la
contessa Francesca Vacca Agusta, Maria Antonietta, ma anche i diari delle
carcerate. Tutte le voci che non trovano un luogo per parlare”.
Maria Pia Paravia
Maria Pia Paravia, socia fondatrice della
Fondazione Antonio Genovesi Salerno, ha pubblicato numerosi studi sull'alta
formazione, sui nuovi profili professionali, sull'economia predatoria, sulle
conseguenze della delocalizzazione delle imprese e sui processi interculturali:
da oltre 20 anni, infatti, dopo aver conseguito accordi governativi nei paesi
del Golfo Arabo da pioniere dell’amicizia tra Italia ed Emirati Arabi, ha
creato il programma didattico “The Intercultural Project” che ha portato
centinaia di studentesse arabe in Italia, le quali hanno studiato tematiche
sociali e culturali senza per questo trascurare la nostra importante archeologia.
Nel 1989 per la prima volta la poesia
polacca entra nel circuito letterario italiano: pubblica, con la casa
editrice il Salice, "Le trascrizioni della Speranza" del poeta
Kazimierz Wòjtowicz, uomo di chiesa perseguitato in patria e costretto a
esercitare la sua missione in Austria.
Per anni ha pubblicato calendari
poetici, stampati in migliaia di copie e caratterizzati da una grafica e
scrittura essenziali; alcuni di essi sono oggetto di collezionismo.
Il suo ultimo libro "Pompei, crononi:
ultimi istanti”, Electa Mondadori, è stato accolto dalla biblioteca del British
Museum quale libro di eccellenza.
Nel tentativo di riportare la poesia
nel circuito di lettura delle giovani generazioni, ha ideato il Festival della nano
poesia, invitando i giovani ad esprimersi in versi utilizzando il loro
neolinguaggio telematico, caratterizzato da una rinnovata ortografia.
Ha uno stile sintetico ed essenziale,
un linguaggio narrativo versificato, una semplicità espositiva che reputa un
punto di arrivo nella comunicazione per chi, come lei, nasce come
settecentista. Ha seguito le orme di Ungaretti defilandosi da tutte le
associazioni culturali apicali senza però utilizzare la di lui storica frase.
Beckett e Bene i suoi maestri.
Lucilla
Quaglia
Ufficio
stampa
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Giò Di Giorgio