Le Interviste de l'emigrante di Giò Di Sarno
Quando ho proposto a Gianfranco Butinar di venire in radio e
far rivivere per un’ora Franco Califano l’ho buttata lì un po’ per gioco.
Invece Gianfranco ha accettato ed ora mi sento emozionata come una bambina…
L’occasione è quella della partenza del tour in omaggio al Maestro “80 nostalgia di
Califano” in scena al teatro Brancaccio di Roma il 26 marzo. Prodotto da MP
Management di Massimiliano Pistilli in collaborazione con Vincenzo Nardocci di
“Eventi Italia”.
Una storia in musica che ripercorre alcune tappe
fondamentali della musica di Califano. Oltre a Gianfranco in scaletta ci sono tanti ospiti e
l’orchestra diretta dal Maestro Luciano
Titi.
Di Franco Califano si potrebbe scrivere e cantare per
giorni, tale è la sua vita e la sua produzione discografica. Poeta di strada,
bello e maledetto, pratico e romantico; un ossimoro vivente, ma lasceremo
parlare la sua voce in radio e per ora iniziamo l’esperimento formulando
qualche domanda a Gianfranco che eliminerà “Gian” e si trasformerà in “Franco”.
La locandina dello spettacolo
-Sei nato a Tripoli,
hai vissuto a Nocera (Sa), Milano e poi definitivamente a Roma. Hai qualche
ricordo di della capitale della Libia?
No, sono nato a Tripoli in uno scalo di un viaggio in aereo,
ho scritto anche una canzone dal titolo
"Il parto in aeroplano", ho solamente avuto il codice fiscale diverso
dagli altri, ma la Libia per il resto è rimasta nell'Atlante Geografico.
Come è stata la tua
infanzia, e il rapporto con i campani?
-La mia infanzia è stata subito piena di sofferenza, ho perso
da giovane mio padre e rifiutai il compagno di mia madre come scrissi e cantai
in "Vivere e volare". Ho dormito nelle macchine per anni, mi facevo
prestare dei letti, poi i collegi. Il rapporto con i campani è stato straordinario;
adoro tutta la terra campana e mi sento un meridionale ” 'n bastardo venuto dar
sud” anche perché il nord senza il sud, sarebbe il nord di che?
-Hai amato e sei
stato amato da tante donne, ma ce n’è una in particolare che avresti voluto e
non ti ha corrisposto?
No...anche perché sono andato sempre a colpo sicuro, quelle
che non hanno corrisposto non sono mai state cercate e approcciate. Ho amato tanto
ma alla fine sono rimasto solo e innamorato…
Gianfranco Butinar in un momento dello spettacolo
-Come mai all’inizio
hai dovuto faticare per affermarti come cantante, quando come autore eri già
noto e conteso?
Ho faticato perché ero bello, venivo dai fotoromanzi e ho
smesso di fare l'autore per altri perché gli altri cantanti mi
annoiavano, come dico sempre nei miei concerti, ognuno se canta le cose sue; ho
aperto una sartoria in proprio...
-Perché eri così
attratto dalla notte?
Perché la notte è molto più chiara del giorno. Di
notte il ladro è ladro la guardia è guardia e anche tra guardia e
ladro di notte c'è maggiore complicità. Le cose brutte, i tranelli, le corna,
Tangentopoli , avvengono di giorno o all'ora di pranzo quando sono tutti a
tavola. Di notte tutto mi riesce meglio tranne che dormire. Anche per scrivere
un'ora di notte vale come sette di giorno. Per molti l'alba è l'inizio del
giorno, per me è la fine della notte.
-Se potessi vivere
nuovamente, che vita vorresti e perché?
Vorrei essere Franco Califano, vivere la stessa vita perché
vive chi vive e non chi c'è. A 20 anni avevo già le rughe e, volevo invecchiare
come ho fatto 5 minuti prima di morire.
Butinar e Califano nel 2011.
Gianfranco indossa gli occhiali di Franco, e Franco indossa
un cappellino fatto ad uncinetto dalla mamma di Butinar, a dimostrazione del
grande affetto tra i due
-Lo sai che ci manchi
tanto? La nostalgia di te è arrivata a
tal punto che un ragazzo, un tuo allievo, un “certo” Gianfranco
Butinar, ha deciso di fare un intero
tour e dedicarlo al fatto che questa mancanza assordante fa troppo rumore. Lo
spettacolo si chiama “ 80 nostalgia di Califano”. Che ne pensi di questo
artista e dello spettacolo?
“Buty” è stato per me un amico, un fratello minore, un
confidente, un punto di riferimento,
pure se 'na vorta m'ha dato 'na maja farlocca de Balotelli. Mi adora e,
sono contento che abbia riunito tanta gente e tanti artisti della musica per salvare
la mia poesia; sono convinto non morirà
mai, così come le mie canzoni, anche tra cinquant’anni saranno sempre giovani.
Ufficio stampa Giò Di Giorgio