
Lui è un
immigrato napoletano, pieno di energia vitale, che dispensa sorrisi e
complimenti come il riso fuori la chiesa che si lancia agli sposi. Lei,
immigrata siciliana, una battuta dietro l’altra. Ironica, pungente e fascinosa
a contendersi l’ultima battuta con l’attore napoletano. Si sono conosciuti a
una festa ed è stata subito intesa. Un’intesa amicale. E ho colto l’occasione
per portarli insieme in trasmissione.
La simpatica Anna Maria Brazzò, fin da piccola ha respirato il profumo
dell’arte grazie al nonno, fino a vivere in prima persona gli anni della Dolce
Vita. Giornate trascorse al Bar Taddei, a giocare a briscola, mentre il Maestro
Guttuso disegnava progetti per futuri capolavori sui tovaglioli di carta, così
come ai caffè bevuti con Fellini a Piazza del Popolo. Anna Maria Brazzò è ora
una nota organizzatrice di eventi multiculturali, in cui arte, mondanità,
raffinatezza ed eleganza convivono in un connubio di perfezione e di
suggestione.
Mario Longobardi invece è un attore napoletano, bello come il sole e simpatico
come pochi, anche se, come Pulcinella, sotto la maschera cela un’anima
sensibile e profonda. Lo abbiamo visto in numerose partecipazioni
cinematografiche: Distretto di polizia, Un medico in famiglia, Il clan dei
camorristi, Rosy Abate e tanti altri. Fotoromanzi e spot pubblicitari. Padre
affettuoso di due figli che ormai definisce “fratelli” per una questione di età
e di stazza, un fatalista con i piedi per terra.
Anna
Maria Brazzò

Dove sei nata precisamente e che ricordi hai della tua infanzia?
Sono nata a Isola delle femmine, un isolotto fantastico vicino Palermo. Se pur
figlia unica la mia mamma aveva 7 fratelli per cui la mia infanzia è stata un
via vai di zii, cugini, uno zio prete e cannoli.
La mattina mi svegliavo non con l'odore del caffè ma con il profumo del ragù.
Le donne di casa cominciavano a cucinare all'alba ed era tutto meraviglioso.
Hai vissuto la "Dolce Vita".
Oggi sei una nota organizzatrice di eventi. Quanto è cambiata la capitale in
questi anni?
Sì, posso dire di aver vissuto la Dolce Vita quando via Veneto era una
passerella di attori, cantanti e dei più grossi nomi che all'epoca passavano
tutti da lì. Io personalmente, con un mio amico, noto costruttore, uscivo la
mattina con una Rolls Royce bianca e una nera la sera. E non scherzo. Si viveva
così: aperitivo all'Harris Bar, colazione al Piccolo Mondo, e per finire, in
giro tutta la notte. La Capitale è cambiata perché la gente è cambiata. Non
vedi più al Canova un Fellini a scambiare due chiacchiere con amici e
conoscenti ma gente nuova che corre o cammina frettolosamente per la propria
strada. Perfetti sconosciuti. La città si è adeguata a questo stile ed io mi
sento orfana. Ora finalmente stiamo tornando al salotto buono, come si faceva
al Morazzani, parlando di cinema arte cultura ecc. Sono felice di questo…

Hai fatto e fai politica, trovi che
alle donne si diano le stesse opportunità date agli uomini?
Ho fatto politica e faccio politica, mi occupo molto del sociale e,
nonostante i passi da giganti che abbiamo fatto, la lotta per le donne è sempre
aperta. Nulla è facile per noi, ma conto molto sulla nuova generazione in cui
trovo donne colte e preparate a continuare la lotta.
Quale città consiglieresti oggi, a una
tua conterranea che volesse emigrare dalla bella Sicilia?
Ad una mia conterranea, qualora volesse lasciare la propria città, o come in
questo caso la Sicilia, decisamente le consiglierei una città del nord, sempre
all'avanguardia. Se poi la scelta dipendesse dal settore di interessi, direi di
andare all'estero.
- Quando organizzi un evento da cosa prendi lo spunto. Ti fai trascinare dall'emozione
oppure segui le esigenze del cliente?
Mi sono sempre occupata d'arte e i miei vernissage sono sempre arricchiti da
culture diverse, mi piace unire popoli, religioni e “razze”, etnie, passando
attraverso le musiche, le danze. Mi piace l'unione tra i popoli. Non permetto a
nessuno di interferire nei miei progetti, ho il mio stile che mantengo
gelosamente.
Mario Longobardi
Che infanzia è stata quella del
piccolo Mario, che ricordi hai?
La mia è stata un’infanzia vissuta nel cuore di Neapolis, nel centro storico
dove abitavamo. Sono il quarto di 5 figli (due femmine e tre maschi) e siccome
mio padre viaggiava tanto per lavoro, mia mamma Lucia badava a noi. Anche le
mie sorelle aiutavano mamma e insieme si prendevano cura di noi maschietti.
A Napoli le ragazzine so’ già come mamme. Si cresce in fretta nei vicoli dove
trovi ragazze che da sin da piccole sognano di diventare mamme. Ma uno dei
ricordi indelebili sono i panini con la ricotta di Fuscella che un vecchietto
la mattina portava nel cestino di vimini con gli sfilatini di pane e la pizza a
portafoglio calda di Matteo ai tribunali. Tutti insieme mangiavamo seduti sulle
mura millenarie di Napoli. E poi, un altro ricordo tuttora visibile ancora nei
vicoli d Napoli: le partite di calcio col mitico pallone Super Santos che
puntualmente si bucava o mi veniva bucato dalle massaie inviperite perché con
le pallonate rompevamo i vetri delle finestre.
Quando hai deciso di lasciare la tua
bella Napoli e perché?
Un vero napoletano, fortemente identitario con la propria storia, origini di
sofferenza dolore e occupazione, praticamente non lascia mai Napoli.
Indipendentemente dal lavoro che intraprende per emigrare. Io da imprenditore
viaggiavo molto ed ero fuori al massimo una o due settimane ma poi rientravo
perché non vedevo l'ora di andare dai miei figli e dalla mia famiglia. Poi, in
seguito, nel corso degli anni sono accadute vicende particolari dolorose, sia
private che di lavoro, che mi hanno fatto arrivare di nuovo a Roma, non più di
passaggio da agente di commercio, ma da studente accademico attoriale teatrale
e così, dal 2010 circa, mi sono stabilito qua. Nella capitale ho fatto pure il
militare, quindi la conosco benissimo. A malincuore ho lasciato la mia Napoli.
Tutto per una serie incredibili di motivi che sarebbe troppo lungo da
raccontare.

La bellezza che oggettivamente hai, ti
ha aiutato o penalizzato nella vita in generale, non solo sul lavoro?
Il discorso estetico è un argomento tuttora molto discusso, particolare e
delicato. Spesso incoerente. È vero, a me facilitava con il gentil sesso, ma
credo che poi alla fine sia nel lavoro come nei sentimenti, se non hai testa,
cuore, semplicità, umiltà e, soprattutto un qualche talento, non vai da nessuna
parte. La bellezza da sola non basta, anzi credo che sia limitante.
Hai due figli, cosa vorresti per il
loro futuro?
Mi sposai giovanissimo, quando non avevo ancora compiuto 22 anni e la mia ex
moglie non aveva compiuto nemmeno 18 anni. Che ricordi…
Ho due figli maschi meravigliosi con cui ora sembriamo tre fratelli. Hanno 27 e
20 anni. Emanuele e Salvatore. Per loro vorrei un percorso di vita sereno, e
sono sicuro che accadrà, perché se lo meritano. Vorrei che gli errori che hanno
visto fare a noi adulti, fossero di insegnamento per loro, senza cadere negli
stessi sbagli per inesperienza. Vorrei con un getto di spugna far scivolare
tutta la tristezza che involontariamente abbiamo provocato in loro.
Prezzo troppo alto che hanno pagato per traversie familiari. Va bè lasciamo
perdere le cose tristi… per loro voglio il meglio, non so se si è capito…

E per il tuo futuro invece?
Parlare di futuro con un fatalista è dura. Io mi fermerò dove il corso
impetuoso del fiume mi scaricherà. Voglio un po’ di lavoro meritocratico. Certamente
anche un po’ di fortuna e tanto amore, fratellanza e vivere di cose semplici.
Basta falsità, odio, rancore, invidia. Meno social e più vita reale, diamine!
Più empatia. Spero di trovare un po’ più di serenità, consapevole che molto
dipende da me. Infine, un sorriso non lo nego mai a nessuno, soprattutto a chi
ne ha bisogno.
Ufficio Stampa Giò Di Giorgio