venerdì 10 agosto 2018

All’Ariano International Film Festival importante riconoscimento per il documentario di Campanella & Pecoraro


Si è da poco conclusa la sesta edizione della prestigiosa manifestazione cinematografica organizzata ad Ariano Irpino, che ha visto in gara molti film sia italiani che stranieri, e che ha fatto registrare la presenza di numerosi ospiti di prestigio tra cinema, televisione e musica, come Franco Oppini, Ada Alberti, Domenico Fortunato, Leonardo Cecchi, Renato Scarpa, Pino Ammendola, Emanuela Tittocchia e Pierfrancesco Campanella. 
Un evento fatto da giovani per i giovani con lo scopo di alimentare la passione per il cinema nelle nuove generazioni e dare spazio ai nuovi cineasti. Un festival che però parla tutte le lingue del mondo con opere in concorso provenienti non solo dall’Italia ma da tanti paesi dell’Europa e da altri continenti.

Varie le sezioni, tra lungometraggi, corti, pellicole di animazione, documentari e il nuovo spazio dedicato all’integrazione e denominato “Diverso è Uguale”. Tra le opere fuori concorso all’Ariano International Film Festival, si è particolarmente distinto il documentario “28… ma non li dimostra”, da una idea di Pierfrancesco Campanella (che ha anche curato la produzione esecutiva), con la regia del promettente Emanuele Pecoraro che si era fatto notare col pluripremiato cortometraggio “Solitudini pericolose”. 

Non a caso al lavoro di Campanella & Pecoraro, che ripercorre a ritroso i film finanziati dallo Stato dal 1965 al 1992 con relativi scandali, è stato attribuito un significativo attestato con menzione speciale. Questa opera spiega con semplicità e chiarezza gli aspetti più controversi della Legge Cinema (articolo 28), firmata dal Ministro Achille Corona nel 1965, che stabiliva gli incentivi alla produzione per le opere prime e seconde, regolando obblighi ed oneri. 

Accanto alle testimonianze di accreditati addetti ai lavori della filiera cinematografica, il documentario propone varie sequenze tratte da pellicole di pregio, attualmente conservate presso Istituto Luce Cinecittà, al fine di documentare una stagione, lunga ben 28 anni, per certi versi irripetibile per l’estrema varietà di contenuti e libera dal conformismo artistico dei nostri giorni.

       Daniela Dal Lago