Appuntamento al Cinema Farnese di Roma (Piazza Campo de' Fiori) in occasione della
proiezione di MOTHER FORTRESS, di Maria Luisa Forenza, film-documentario di
estrema attualità, girato dalla regista nei territori colpiti dall'ISIS. Un
film di speranza ed elogio alla Vita e agli Esseri Umani che vede protagonista
una comunità monastica internazionale (da antico e nuovo Continente) che salva
esistenze di sopravvissuti, a prescindere dalla diversità dei credo
religiosi...
Il film
sarà introdotto dal critico cinematografico Maurizio Di Rienzo e
dall'accademico dei Lincei Paolo Matthiae, scopritore dell'antica Ebla in
Siria. Alla proiezione seguirà un dibattito con la partecipazione del critico
cinematografico Federico Pontiggia.
Vi
aspettiamo con immenso piacere!
martedì 18 febbraio,
presso il Cinema Farnese
di Roma, la proiezione di MOTHER FORTRESS, il film-documentario di Maria Luisa Forenza che
racconta la pericolosità quotidiana delle vite di religiosi in Siria che
lottano per salvare la dignità e la sopravvivenza di esseri umani innocenti
travolti dalla inarrestabile guerra.
A fronte di conflitti e massacri, il film è un elogio della Vita e dell’Essere Umano,
che può diventare fonte di vita per l’altro. Queste le riflessioni scaturite da
una recente e calorosamente acclamata proiezione presso The American University
of Rome per il corso di Peace Studies, alla presenza della regista e di Gregory
J.Polan, Abate Primate dei Benedettini (Badia Primaziale Sant’Anselmo,
Aventino).
La serata al Cinema Farnese, che sarà condotta dal critico
cinematografico Maurizio
Di Rienzo, rientra
nella V edizione di RACCONTI ITALIANI, l’iniziativa della FICE – Federazione
Italiana Cinema d’Essai, che propone negli oltre 400 schermi
associati una selezione dei migliori documentari di ultima produzione.
L’archeologo e accademico dei Lincei, Paolo Matthiae,
scopritore dell’antica città di Ebla (2500 a.C.), farà una breve introduzione
alla Siria.
MOTHER FORTRESS
racconta di un’esperienza, vissuta in prima linea dall’autrice-regista (e
produttrice) tesa a testimoniare non gli aspetti più drammatici del conflitto,
quanto gli effetti da esso provocati all’interno di una comunità in cui le
differenze religiose lasciano il posto all’aiuto umanitario mosso da uno
spirito di condivisione e sorriso anche in situazioni estreme.
Dopo una carriera sviluppata attraverso documentari di stampo
sociale e storico, girati in Italia e all’estero, Maria Luisa Forenza ha
scelto di seguire una forma sperimentale di narrativa realistico-simbolica, pur
se condizionata nelle riprese da un regime di emergenza di guerra.
Nell’osservazione della realtà intesa come ‘res-documento’ tenta di andare
verso un ‘oltre’, ispirandosi anche a “L’acinema” di J.F. Lyotard. La
regista costruisce un’opera “per immagini e suoni” che lascia spazio a
riflessioni sul senso dell’esistenza.
“Ero in Australia, nel 2011, per un documentario quando vidi le
prime immagini delle proteste della cosiddetta "Primavera araba" –
racconta - È iniziato tutto in quel periodo, per curiosità intellettuale e
interesse per la cronaca, ma non mi sono voluta avventurare nella ricostruzione
e analisi della situazione storico-politica mediorientale: mi interessava
piuttosto raccontare la resistenza umana alla guerra, la vitalità del popolo
siriano, e l’identità Cristiana, che lì si è trovata a dare sostegno alla
popolazione nell’ambito di una forte situazione di rischio. Sentivo che il film
doveva raccontare qualcosa che proiettasse gli esseri umani nel futuro.”
E’ stato nel corso di alcune conferenze negli Stati Uniti, nel
2013, che ha invece avuto modo di ascoltare, conoscere e iniziare a filmare Madre Agnes, badessa del Monastero di Qarah, a nord
di Damasco, che veniva a raccontare ciò che stava accadendo in Siria, e in
particolare nei territori di Aleppo e Deir Ez-Zor, insidiati dal pericolo di Al
Qaeda e ISIS. Nel 2014 decide di raggiungerla per conoscere la
sua comunità monastica internazionale (proveniente da Antico e Nuovo
Continente) e vi ritorna altre volte fra il 2015 e il 2017, seguendo un
convoglio umanitario che si inoltra fino all'Eufrate per portare assistenza ai
siriani sfollati e colpiti dal terrorismo.
Testimone sul campo di un attacco dell'ISIS a Qarah e al
Monastero nel 2015, ricorda: "Ho filmato quello che c'era realmente ovvero
la drammaticità del silenzio, dal momento che eravamo rimasti tutti muti.
Ognuno in quel momento si è assunto la responsabilità della propria esistenza,
una dilatazione che ho cercato di cogliere con lo spazio vuoto e con il suono”.
E su quest’ultimo precisa: "I canti cristiani in arabo e francese (le
principali lingue siriane, utilizzate anche nel monastero assieme a spagnolo,
portoghese, inglese, latino) erano una soundtrack che scandiva la quotidiana
ciclicità di meditazioni, preghiere, liturgie di monaci e monache. I giorni e
le notti del monastero erano scandite da preghiere cristiane e musulmane, come
un canto e controcanto che ho cercato di documentare in tutto il film.”
MOTHER FORTRESS, Menzione Speciale del Tertio Millennio Film
Fest (Città del Vaticano), in Italia è stato ospitato in rassegne significative
quali il Meeting di Rimini, Milano Movie Week, Festival Human Rights Nights di
Bologna.
Alfredo Baldi,
storico del cinema, ha dichiarato: “E’ un film anti-retorico, senza enfasi, uno
sguardo assolutamente oggettivo sulla realtà, un’idea dell’immagine-sguardo,
dalla semantica e dalla semiotica. La macchina da presa è assolutamente
impassibile, segue i personaggi, li tallona senza nessuna emozione e proprio
per questo ci dà un’enorme emozione perché fa pensare che a ogni istante possa
accadere qualcosa. Il contesto è talmente drammatico...
La regista non ha quasi mai usato lo zoom. L’emozione l’ha data
con le inquadrature fisse. C’è una tensione continua, ma interna
nell’inquadratura, non è provocata dall’esterno. E’ stata di un rigore estremo.
E poi, non meno importante, nonostante sia girato in un convento
con protagonista una suora, anzi suore e monaci, è un film assolutamente laico.
La religione, pur presente dappertutto, in qualunque momento sottintesa, non
viene mai presa a pretesto per giustificare qualche azione. Anche la distribuzione
dei viveri alle popolazioni è fatta non in nome di Dio, ma del prossimo, e
questa l’ho trovata una cosa straordinaria.”
Silvia Guidi,
critico cinematografico dell’Osservatore Romano: “Un documentario straziante e
bellissimo nella sua nuda essenzialità... Non c’è nessuna tesi precostituita da
dimostrare, nessuna tifoseria da assecondare... il rispetto per i testimoni e
la reale apertura ad ascoltare quello che raccontano non potrebbero essere più
grandi.”
Alla proiezione romana, in programma alle ore 19:00, seguirà un
dibattito a cui parteciperanno, oltre a Maria Luisa Forenza, storici, esperti
di Mediterraneo, giornalisti, critici cinematografici.
Ufficio stampa: Elisabetta
Castiglioni
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4112014 – info@elisabettacastiglioni.it
Giò Di Giorgio