lunedì 27 maggio 2019

L'EMIGRANTE Format radiofonico e televisivo,ideato e condotto da Gio' Di Sarno in onda su Radio Italia Anni 60 ( FM 100.5 ) tutti i martedì dalle 18 alle 19,ospite del prossimo martedì l'irriverente poliedrico attore, Nicola Vicidomini


















                         Le Interviste de l'emigrante di Giò Di Sarno

Nicola Vicidomini nasce a Tramonti, nella splendida Costiera Amalfitana. Il suo percorso artistico inizia proprio nella sua terra d’origine come  pianista jazz, nel frattempo studia teatro con Michele Monetta a Napoli.  Nei primi anni duemila si divide tra Salerno e Roma, con qualche puntatina a Milano, per poi trasferirsi definitivamente a Roma, come lui stesso tiene a precisare  “ospite del mio grande amico e maestro Mario Marenco che mi sopporta”. Inizia a lavorare per Colorado (Italia 1) e grazie all’amico Stefano Sarcinelli entra a far parte della famiglia di  Stracult di Marco Giusti (RaiTre). Soprannominato il più grande comico morente”, è considerato un innovatore del linguaggio comico. 
Per Fulvio Abbate «nella squadra di calcio dei grandi del teatro ci saranno Antonin ArtaudBene Carmelo e Vicidomini Nicola». Per Cosimo Cinieri «non fa l'attore, è il teatro, inventa il corpo, la voce, gli occhi, tutto». Per lo storico Giorgio Focas (Università di Barecllona) «se in Europa esiste ancora una Commedia dell'Arte è riscontrabile solo nel teatro e nella comicità di Nicola Vicidomini». 
Per Nino Frassica - con cui ha condiviso veri e propri assalti televisivi e radiofonici (non ultimi, Programmone - Radio 2 Che Fuori Tempo Che Fa - Rai 3) - «unico e originalissimo, continua a meravigliare e far godere chi lo va a vedere». Per me, “Un ossimoro vivente”. Porta in giro gli spettacoli Scapezzo, Un Satana e Veni Vici Dominicasi unici del panorama comico e teatrale, registrando continui sold out. 
Di recente uscita il volume Il Nuovo Libro di Piero Angela (collana Veni Vidi Risi - Castelvecchi Ultra) sintesi della sua scrittura umoristica. 
La sua opera è oggetto, non solo in Italia, di saggi universitari tra cui «Scapezzo, il Marziano dello spettacolo» a cura di Fabrizio Natalini, Università di Tor Vergata  Roma.  Reduce dallo spettacolo al Teatro Vascello Fauno”.  Uno spettacolo che ha un profumo primitivo, nella sua totale innovazione. Felice che abbia accettato l'invito.

Come è stata la tua infanzia a Tramonti e perché hai deciso di emigrare a Roma?

La mia infanzia a Tramonti è stata bellissima. Vorrei augurare a tutti di avere un padre e una madre come i miei. Vivere la campagna tiene vivo un senso di onnipotenza bambina fondamentale, le possibilità di irrigidirsi come un tronco d'albero sono decisamente inferiori, si rimane sempre più flessibili come un filo d'erba, a proposito di quando diceva Tarkovskij: bisognerebbe rimanere sempre flessibili come una pianta piccola, un tronco appena sbocciato. In realtà io non sono mai emigrato, mi vi sono ritrovato a Roma, come la cosa più naturale possibile. 

 Da una terra fantastica come la Costiera Amalfitana, come ci si adatta nella Capitale tra smog, buche e spazzatura?

Lo smog le buche e la spazzatura non sono un problema solo di Roma. Io ho studiato a Napoli ed ero sempre a Salerno. Diciamo che su questo punto di vista siamo abbastanza scafati. Io amo molto Roma.
Nello spettacolo “Fauno”  c’è anche tua sorella Miriam, che merita tutta l’ammirazione del mondo per quel “recitato non recitato”. Un corpo che si muove seguendo la tua ombra con una pesante maschera realizzata da DEM. Al di là di cosa rappresenta nello spettacolo, che evidentemente non ha connotazioni  di genere,  non si è fatto avanti nessuno dicendo che hai umiliato la figura femminile, o sotto sotto voleva essere una provocazione che nessuno ha colto?

Nessuna provocazione. Quella è una capra, un'entità. Quando si apre il sipario non è più mia sorella. È dentro la visione. L'ho scelta perché è bravissima ed è l'unica che con i suoi movimenti eleganti  avrebbe potuto creare un contrasto fondamentale con un volto simile. È coperta da un cappotto e da alcune funi. Non è né maschio né femmina. In Fauno i generi non ci riguardano. 

 Questo contatto così forte con la terra, con il primitivo,  da cosa deriva?

Ascolto solo il mistero che siamo. Si tratta di qualcosa di ancestrale che è prima e dopo  noi stessi. Non ha nulla a che spartire con le nostre narrazioni e, ampiamente, col senso comune. È un sentimento profondo, che tutto accoglie e contiene, che abbiamo ancor prima nascere. Il motore di tutto. Per comodità lo chiamo Dio. A me piace molto curarmene. Il problema è quando si è asfaltati dal reale e si perde il contatto con questo mistero. Allora si è assorbiti da una dissociazione linguistica che non ci riguarda. 
-Il tuo passato da pianista ti porta ad essere particolarmente attento nulle scelte musicali dei tuoi lavori. Non ti manca, a questo punto della tua vita, uno spettacolo completamente dedicato alla musica?
 Tutto quello che faccio è musica. Io sono uno strumento come lo è il pianoforte. 

Posso chiederti dei tuoi progetti futuri, o è una domanda troppo banale?
Troppa roba, un programma mio, un film, e ancora Fauno. 

Foto di Cristina Canali

     Ufficio stampa Giò Di Giorgio