Le Interviste de l'emigrante di Giò Di Sarno
Nicola
Vicidomini nasce a Tramonti, nella splendida Costiera Amalfitana. Il suo
percorso artistico inizia proprio nella sua terra d’origine come pianista jazz, nel frattempo studia teatro
con Michele Monetta a Napoli. Nei primi
anni duemila si divide tra Salerno e Roma, con qualche puntatina a Milano, per
poi trasferirsi definitivamente a Roma, come lui stesso tiene a precisare “ospite del mio grande amico e maestro Mario
Marenco che mi sopporta”. Inizia a lavorare per Colorado (Italia 1) e grazie
all’amico Stefano Sarcinelli entra a far parte della famiglia di Stracult di Marco Giusti (RaiTre).
Soprannominato “il più grande comico morente”, è considerato un
innovatore del linguaggio comico.
Per Fulvio Abbate «nella squadra di calcio dei grandi del teatro ci saranno Antonin Artaud, Bene Carmelo e Vicidomini Nicola». Per Cosimo Cinieri «non fa l'attore, è il teatro, inventa il corpo, la voce, gli occhi, tutto». Per lo storico Giorgio Focas (Università di Barecllona) «se in Europa esiste ancora una Commedia dell'Arte è riscontrabile solo nel teatro e nella comicità di Nicola Vicidomini».
Per Nino Frassica - con cui ha condiviso veri e propri assalti televisivi e radiofonici (non ultimi, Programmone - Radio 2 e Che Fuori Tempo Che Fa - Rai 3) - «unico e originalissimo, continua a meravigliare e far godere chi lo va a vedere». Per me, “Un ossimoro vivente”. Porta in giro gli spettacoli Scapezzo, Un Satana e Veni Vici Domini, casi unici del panorama comico e teatrale, registrando continui sold out.
Di recente uscita il volume Il Nuovo Libro di Piero Angela (collana Veni Vidi Risi - Castelvecchi Ultra) sintesi della sua scrittura umoristica.
La sua opera è oggetto, non solo in Italia, di saggi universitari tra cui «Scapezzo, il Marziano dello spettacolo» a cura di Fabrizio Natalini, Università di Tor Vergata Roma. Reduce dallo spettacolo al Teatro Vascello “Fauno”. Uno spettacolo che ha un profumo primitivo, nella sua totale innovazione. Felice che abbia accettato l'invito.
Per Fulvio Abbate «nella squadra di calcio dei grandi del teatro ci saranno Antonin Artaud, Bene Carmelo e Vicidomini Nicola». Per Cosimo Cinieri «non fa l'attore, è il teatro, inventa il corpo, la voce, gli occhi, tutto». Per lo storico Giorgio Focas (Università di Barecllona) «se in Europa esiste ancora una Commedia dell'Arte è riscontrabile solo nel teatro e nella comicità di Nicola Vicidomini».
Per Nino Frassica - con cui ha condiviso veri e propri assalti televisivi e radiofonici (non ultimi, Programmone - Radio 2 e Che Fuori Tempo Che Fa - Rai 3) - «unico e originalissimo, continua a meravigliare e far godere chi lo va a vedere». Per me, “Un ossimoro vivente”. Porta in giro gli spettacoli Scapezzo, Un Satana e Veni Vici Domini, casi unici del panorama comico e teatrale, registrando continui sold out.
Di recente uscita il volume Il Nuovo Libro di Piero Angela (collana Veni Vidi Risi - Castelvecchi Ultra) sintesi della sua scrittura umoristica.
La sua opera è oggetto, non solo in Italia, di saggi universitari tra cui «Scapezzo, il Marziano dello spettacolo» a cura di Fabrizio Natalini, Università di Tor Vergata Roma. Reduce dallo spettacolo al Teatro Vascello “Fauno”. Uno spettacolo che ha un profumo primitivo, nella sua totale innovazione. Felice che abbia accettato l'invito.
Come è
stata la tua infanzia a Tramonti e perché hai deciso di emigrare a Roma?
La mia
infanzia a Tramonti è stata bellissima. Vorrei augurare a tutti di avere un
padre e una madre come i miei. Vivere la campagna tiene vivo un senso di
onnipotenza bambina fondamentale, le possibilità di irrigidirsi come un tronco
d'albero sono decisamente inferiori, si rimane sempre più flessibili come un
filo d'erba, a proposito di quando diceva Tarkovskij: bisognerebbe rimanere
sempre flessibili come una pianta piccola, un tronco appena sbocciato. In
realtà io non sono mai emigrato, mi vi sono ritrovato a Roma, come la cosa più
naturale possibile.
Da una terra fantastica come la Costiera
Amalfitana, come ci si adatta nella Capitale tra smog, buche e spazzatura?
Lo smog le
buche e la spazzatura non sono un problema solo di Roma. Io ho studiato a
Napoli ed ero sempre a Salerno. Diciamo che su questo punto di vista siamo
abbastanza scafati. Io amo molto Roma.
Nello
spettacolo “Fauno” c’è anche tua sorella
Miriam, che merita tutta l’ammirazione del mondo per quel “recitato non
recitato”. Un corpo che si muove seguendo la tua ombra con una pesante maschera
realizzata da DEM. Al di là di cosa rappresenta nello spettacolo, che
evidentemente non ha connotazioni di
genere, non si è fatto avanti nessuno
dicendo che hai umiliato la figura femminile, o sotto sotto voleva essere una
provocazione che nessuno ha colto?
Nessuna
provocazione. Quella è una capra, un'entità. Quando si apre il sipario non è
più mia sorella. È dentro la visione. L'ho scelta perché è bravissima ed è
l'unica che con i suoi movimenti eleganti avrebbe potuto creare un
contrasto fondamentale con un volto simile. È coperta da un cappotto e da
alcune funi. Non è né maschio né femmina. In Fauno i generi non ci
riguardano.
Ascolto solo
il mistero che siamo. Si tratta di qualcosa di ancestrale che è prima e
dopo noi stessi. Non ha nulla a che spartire con le nostre narrazioni e,
ampiamente, col senso comune. È un sentimento profondo, che tutto accoglie e
contiene, che abbiamo ancor prima nascere. Il motore di tutto. Per comodità lo
chiamo Dio. A me piace molto curarmene. Il problema è quando si è asfaltati dal
reale e si perde il contatto con questo mistero. Allora si è assorbiti da una
dissociazione linguistica che non ci riguarda.
-Il tuo
passato da pianista ti porta ad essere particolarmente attento nulle scelte
musicali dei tuoi lavori. Non ti manca, a questo punto della tua vita, uno
spettacolo completamente dedicato alla musica?
Tutto quello che faccio è musica. Io sono uno
strumento come lo è il pianoforte.
Posso chiederti dei tuoi progetti futuri, o è una domanda troppo banale?
Troppa roba,
un programma mio, un film, e ancora Fauno.
Foto di
Cristina Canali
Ufficio stampa Giò Di Giorgio