Le interviste De L’Emigrante di Giò Di Sarno per Inciucio
Siciliano di Militello
in Val di Catania, città barocca patrimonio dell’Unesco (patria non solo di
Pippo Baudo ma anche del famoso fisico Ettore Majorana), SALVATORE SCIRè confessa, compiacendosene, che dai
cinque anni a oggi ha avuto la straordinaria fortuna di crescere a Roma vivendo
nei pressi del Pantheon e giocando, da ragazzo, a Piazza Navona o a Via
dell'Orso. Esperienze di vita – aggiunge – che mi hanno segnato per sempre. È
così che Roma mi è entrata nel sangue. In maniera viscerale e totalizzante!
Salvatore
Scirè: “ Qualcuno
potrebbe chiedermi come mai alla mia verde età sono ancora single. Potrei
rispondere con il titolo del mio libro, appunto: maneggiare con cura! ”
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Il tuo curriculum è così denso di
attività e di specializzazioni (poliglotta, criminologo, fotografo,
giornalista, musicista, regista e mi fermo qui…) che è francamente arduo
stabilire gerarchie e priorità. Cominciamo allora da lontano: dai ricordi del
Liceo Visconti che hai frequentato insieme a compagni diventati in seguito noti
personaggi del mondo dello spettacolo.
Il Liceo Visconti è stato soprattutto una scuola di vita: a parte il fatto
che il liceo classico lo sentivo come più aderente alle mie naturali inclinazioni,
debbo dire che in quegli anni sono cresciuto, da ragazzo sono diventato
giovanottino, ma sono anche germogliate tante cose importanti: l’amore per la
musica, la sensibilità per l’arte e per la linguistica, per la scrittura in
genere, le prime infatuazioni per qualche compagna di scuola che ovviamente a
me non mi vedeva proprio,ma che ti dava la carica. Comunque sia, stare al
Visconti – e soprattutto restarci per cinque anni! – significava sentirsi in
qualche modo una parte, anche se infinitesimale, della storia: da lì sono
passati Galileo Galilei, San Luigi Gonzaga, 11 papi (l’ultimo Pio XII), un Nobel
(Franco Modigliani). Ciascuno di noi viscontini si sente partecipe e custode di
quella immensa storia. D’altronde, si tratta del Liceo più antico d’Europa,
fondato da S.Ignazio nel 1582!
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Da giornalista e fotografo ti sei
dedicato specialmente al reportage geografico, genere che consente di abbinare
immagini spettacolari e creative a testi di approfondimento. Lavori ospitati in
famose riviste (Viaggi di Repubblica, Qui Touring, Gente Viaggi, Panorama e un
lungo eccetera) in cui associ cultura, critica e società. Come dimostra, con
uno spazio a sé, il libro fotografico Roma
nel cuore(Rizzoli 1982, con prefazione di Carlo Lizzani).
Mi è sempre piaciuto
viaggiare, incontrare lingue e culture diverse: e il reportage geografico mi
soddisfaceva, come genere, consentendo la sintesi tra foto creativa e testi: un
giornalista di turismo che si rispetti deve capire di storia, geografia, arte,
economia, diritto costituzionale comparato, etnologia... e conoscere qualche
lingua straniera: solo così riesci a capire lo spirito delle popolazioni
locali.
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A quale delle tue mostre personali
presentate in tutto il mondo (da Rio de Janeiro a Alessandria d’Egitto,
passando naturalmente per Roma) sei più legato con i tuoi ricordi?
Sicuramente Rio de Janeiro: è una città che ti conquista per sempre: alla
bellezza della natura associa il calore e il colore della sua gente. La
vitalità, lo spirito, la leggerezza carioca sono straordinari... e soprattutto
la musica brasiliana è una realtà immensa, che ti conquista, ti affascina, e ti
fa soffrire di “saudade”!
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I tuoi testi teatrali, sia
quelli da coautore che quelli da autore, ammiccano a una evidente connotazione,
rimandano cioè a un senso di leggerezza e divertimento. Cito qualcuno a caso: Camera
con... svista! –Cocktail di scambi–C’è un morto giù in cantina!–Sofà... ma non
si dice!È così?
Io ho iniziato come autore brillante, proprio con la commedia, che non è
affatto semplice: far ridere è più difficile che far piangere, però a me piace
anche dare dei messaggi di vario genere, messaggi di vita: insomma, divertire
ma anche offrire spunti di riflessione, come ad esempio in Professione Separata!, una commedia
in cui tutti i personaggi alla fine risultano “perdenti” (quasi in senso
“verghiano”). Negli ultimi tempi, però, sto sperimentando anche atti unici
drammatici, ad esempio La ragazza nella valigia (vagamente ispirato a un fatto di cronaca). Nel drammatico, invece,
bisogna riuscire a dare forti emozioni, senza annoiare: questa è la difficoltà
della drammaturgia “seria”, ovvero non comica.
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Un aneddoto divertente. Quando avevi 5 o
6 anni, una sera, al teatro IV Fontane, durante i saluti finali della rivista A voi la serenata (con Achille
Togliani), un tuo zio ti prese in braccio e ti portò sulla passerella dove
ricevesti tante carezze dalle stupende ballerine che ti sfilavano davanti. Ora,
dopo tanti anni, commenti con una risatina sorniona che allora, molto
precocemente, “cominciasti a capire alcune cose, forse!” Questo ricordo ha a
che fare con il tuo romanzo Donne...
maneggiare con cura?
Mah... le donne sono
“il motore” del mondo. Ricordo una canzone di Garinei & Giovannini e Kramer
che diceva “donna tutto si fa per te!”. Di solito dietro a un capolavoro o
comunque alla base di un lavoro creativo, c’è sempre una fonte di ispirazione,
che molto spesso è rappresentata da una donna. Qualcuno potrebbe chiedermi come
mai alla mia verde età sono ancora single. Potrei rispondere con il titolo del
mio libro, appunto: maneggiare con cura!
In realtà non mi è
capitato di incontrare la donna giusta al momento giusto, ma sicuramente, con
il passare del tempo... le donne si maneggiano con sempre maggior attenzione!!!
Ufficio stampa Giò Di Giorgio