Quando ho visto Luca Spallone la prima
volta mi è venuto spontaneo pensare che da grande avrebbe fatto lo scrittore. Luca
nasce a Roma in un tiepido giovedì, guarda caso, autunnale. Intanto Indiana
Jones combatte i nazisti e i Queen cantano Under Pressure con David Bowie.
Qualche anno dopo la sua famiglia si trasferisce a Campobasso, dove Luca
trascorre gli anni dell’adolescenza dedicandosi per lo più a fumetti e giochi
di ruolo. Torna a Roma per studiare all’Università e, tra lo stupore generale,
si laurea pure. Nel tempo libero legge, scrive e beve birra, ma spesso non in
quest’ordine. Attualmente vive in Molise in compagnia del suo ukulele.
“L’inferno che tu immagini non penso
esista. Esistono, tuttavia, altri mondi dominati da forze misteriose. Questo libro
usa una similitudine per descrivere il luogo dove si trova tua moglie adesso:
l’Eterno Autunno.”
Dodici incubi di carta. Un immaginario
comune che è contemporaneamente fantastico e cupo. Attimi di trepidante attesa
che si alternano a momenti di angoscia, stati d’animo penosi, omicidi e
aggressioni. Qualcuno muore e qualcun altro si salva. E accade di assistere ad
avvenimenti inspiegabili o prodigiosi. La scia, tracciata da Poe, è quella dove
sono passati anche Lovecraft, Matheson, King ecc. per non scomodare Kafka, il
re dell’assurdo descrittore di incubi.
Come vedi gli incubi non escludono
l’ironia che fa capolino qua e là.
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Giò Di Sarno