Nella sua vetrina a due passi da via Veneto, celebrata la tensione dell’artista tra la ricerca dell’infinito e il rapporto con la sua anima
Grande successo per il vernissage dell'artista "Bolìa - il pittore dell'inconscio, poeta dell'attimo fuggente", nella sua vetrina in via Marche 74, a due passi da via Veneto. Qui, ad ammirare le opere dell'autore, ma anche ad ascoltare alcune sue poesie, lette da Vincenzo Bocciarelli, neo direttore dei teatri di Siena, arrivato appositamente nella Capitale per l’evento, sfilano diversi personaggi tra cui la giovane attrice Carlotta Galmarini che arrivacon l’attore e regista Lorenzo Tiberia.E poi la figlia dell’artista, Barbara Dignani, Simone Montedoro, Federica Cifola, il creativo Michele Spanò, l’astrologo televisivo Massimo Bomba, la modella Andreea Duma.
Ci sono anche Guglielmo e Vittoria Giovanelli Marconi e la direttrice della Galleria del Cardinale di Palazzo Colonna, Elena Parmegiani con la gallerista Alice Falsaperla.
E c’è anche il pittore Mauro Russo.
Chi è Bolìa
L’opera dell’artista Sante Dignani, in arte Bolìa, è un interessante connubio tra arte e poesia in una tensione continua verso l’infinito.“Perché dove si ferma la psichiatra, continua il poeta”, ha affermato il neuropsichiatra David Cooper. E non c’è frase più adatta per descrivere l’arte di Bolìa non a caso definito pittore dell’inconscio e poeta dell’attimo fuggente.
L’artista riesce in un’arte assai difficile e unica: ossia coniugare la pittura con la poesia e spesso con un fine anche di solidarietà ed etico. Non a caso è l’ideatore di una croce curva che rappresenta un nuovo concetto: sono passati 2000 anni dalla crocifissione del Cristo. L’uomo si è reso conto della difficoltà dell’esistenza umana su questa terra ed è proprio lui stesso a salire sulla croce ricurva e, a braccia aperte e di fronte all’universo, medita la sofferenza del mondo per la verità mancante.
«I miei quadri – dice Bolìa, proprietario anche dell’Editrice Letteraria - per quello che rappresentano producono un enorme impatto sull’alienato ma la psicanalisi deduce che è sempre il paziente a guarire sé stesso: i tecnici del pensiero non fanno altro che da trainer, dando luce del buio più profondo». Ed ecco allora apparire mani che escono dal terreno, visi interrogativi, la cacciata dal Paradiso con l’inevitabile croce ricurva, autoritratti e ricordi. Il tutto con un tratto che richiama, a volte, i volti di Modigliani. E ci si perde in questa unicità della ricerca sull’inconscio, che non ha pari in altri artisti.
Giò Di Giorgio